ET L’EUROPE ALORS
La serata del 5 marzo a MACAO con focus sulle frontiere europee e
migrazioni, si articola in una sequenza d’eventi - incontro,
proiezione fotografica, installazioni, performance-concerto, Dj set – ed è dedicata a un momento di ascolto e di
condivisione delle esperienze di attivisti, volontari, artisti, giornalisti
indipendenti che sono state presenti ai confini e nei luoghi di sbarco negli
ultimi mesi cercando un contatto in prima persona con il contesto, partecipando
a esperienze di solidarietà e d’accoglienza dal basso e
elaborando riflessioni e progettualità a partire dal
rapporto diretto.
dalle h19.00
Francesco Giusti –
SLIDE SHOW / proiezione del progetto fotografico (in progress) The Rescue.
TESTI-INSTALLAZIONI
di Flore Murard Yovanovitch - La
negazione del soggetto migrante / The Denial e di Antoine Cassar (Malta) - Passport Project
h 19 –
21 INCONTRO - Report e riflessioni
su confini europei e migrazioni - con interventi di attivisti e artisti
presenti alle frontiere e “hotspot” della rotta balcanica: Davide Carnemolla –
attivista del network Welcome to Europe e SOS Diritti (Venezia) - presentazione della guida per migranti "Welcome to Italy" e racconto esperienze lungo la rotta balcanica, Antoine Cassar - poeta (Malta),
Christian Elia – giornalista freelance, Francesco Giusti - fotografo
documentarista indipendente, Sara Monaci e Samanta Di Fazio - Melting Pot Europa, Andrej Pavlišić – attivista di Metelkova (Ljubljana)
– report da Open Borders Caravan e da No Border Kitchen - Lesvos. &...
h21.30
PERFORMANCE-CONCERTO Il rimmel
dell'Europa cola sui baveri – di/con Nhandan Chirco, Giuseppe Calabrò, Igor
Lečić, Branko Popovic, Marco Sanchirico, Salvo Sanchirico. Con filmati di ZaLab
/ S. Liberti, A. Segre, S. Collizzolli, M. Calore e di T. Formica Falchi e F.
Ballarini. Con la collaborazione di Luca Berardi – Fucina Monteleone. http://europealors.blogspot.it/p/il-rimmel-delleuropa-cola-sui-baveri.html
dalle 23.30 DJ SET
by MEDMAN – dalla Serbia Leke
I confini d’Europa - circondati
dal mare o dal filo spinato, da sempre nuovi muri e da una militarizzazione
esasperata - sono diventati lo spazio emblematico della contraddizione tra
identità Europea democratica -
fondata, almeno formalmente, sui concetti di libertà, uguaglianza e fratellanza
- e le politiche di esclusione e violazione dei diritti umani più elementari attuate dagli
stati nazionali e da istituzioni e agenzie europee quali Frontex. Quello che
sta succedendo alle frontiere e la risposta delle istituzioni (sovra)nazionali
europee chiamano a una presa di coscienza storica e politica rispetto alle
cause e al ruolo che alcuni stati membri e la NATO stanno giocando, con le
reciproche politiche economiche post-coloniali, nei conflitti dei paesi intenzionalmente impoveriti, destabilizzati e devastati, che i
migranti sono costretti a lasciare.
Sulle frontiere d’Europa – di fatto parzialmente
aperte, nonostante tutto, dalla determinazione e alla resistenza dei migranti -
nell’ultimo anno si sono
incontrati attivisti, volontari e persone che hanno cercato di rispondere alla
situazione mettendo in atto forme di solidarietà diretta, creando modalità di accoglienza dal
basso, producendo informazione indipendente e riflessione critica – rapportandosi di fatto al
flusso delle persone in fuga dalle guerre e dalla miseria secondo principi
opposti alle direttive d’esclusione e alle
derive razziste istituzionali, attuando una politica solidale e affermativa.
Questo movimento transnazionale che si è creato nei luoghi di
sbarco della Grecia e lungo i confini e gli “hotspot” della rotta dei Balcani – indipendentemente dal fatto
che si articoli nelle forme della protesta politica, dell’azione diretta o in quelle
dell’azione umanitaria o d’informazione libera - ha una
forte valenza politica. La distinzione tra attivismo e volontariato si è trovata a vacillare di
fronte alla realtà che si incontra alle
frontiere, e le stesse istituzioni e le forze dell’ordine hanno rivisto questa
distinzione iniziando a criminalizzare e a reprimere come sovversive non solo
le forme di contestazione ma anche quelle di assistenza umanitaria diretta.
Le
forme d’accoglienza e di solidarietà partecipata di queste
esperienze svelano e delegittimano le misure repressive di gestione dei confini
europei - minandone uno degli “argomenti” più abusati: che non ci siano
altre possibilità di fronte ad un
fenomeno che, secondo le logiche negazioniste, mette a repentaglio la sicurezza
e gli interessi nazionali e comunitari. Le esperienze solidali formatosi
spontaneamente nelle zone di confine critiche - chiuse, militarizzate e rimosse
dallo sguardo pubblico - composte da una
moltitudine di voci, gesti, desideri, professioni, mobilitate dalla volontà comune di reagire
attivamente alle condizioni disumane prodotte ai confini dalle nostre
istituzioni “democratiche”, mostrano come altre
modalità siano di fatto possibili.
L’incontro pubblico è anche un primo momento di
dialogo nella prospettiva di un percorso a seguire e per una riflessione
condivisa su forme di interazione da sviluppare, sulle problematicità e intuizioni da elaborare
riguardo a come rapportarci in quanto artisti, lavoratori della cultura,
attivisti e volontari a questa situazione, sulla nostra fragilita' di fronte al
dispiegamento di un apparato politico militare e mediatico sempre più ingente e sulle nostre
risorse specifiche.
ph. Francesco Giusti
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