Un report dall’Europa dei lager



VIAGGIO ALLA FRONTIERA per la liberta’ di movimento 
Ljubljana Calling
Sentilj - Spielfeld 31 Ottobre 

Un report dall’Europa dei lager

Ljubljana Calling. Sabato mattina arrivo a Ljubljana a ROG, pensavo a un incontro tra vari attivisti in un punto di riferimento per aggiornamenti e consigli logistici e invece trovo una grande assemblea - siamo di nuovo almeno in cento, attivisti sloveni e piccoli gruppi di varie citta’ italiane e da diversi paesi che si sono organizzati per tornare sui confini, lo stesso giorno. dopo la Open Borders Caravan siamo tornati tutti - e’ diventata quasi una necessita’, quasi non si possa fare altro.
Ma la situazione ora e’ diversa. Ora i nazisti austriaci hanno organizzato un presidio razzista a Spielfeld. Facciamo una contro manifestazione - contro i nazisti, contro le frontiere, contro la militarizzazione, contro isolamento e deportazione, contro la reclusione dei viaggiatori in un mondo parallelo dove non esistono diritti umani. Per la liberta’ di movimento - di tutti. 

Poi andiamo incontro ai migranti - ma ora e’ diverso. Ora tra Sentilj e Spielfeld c’e’ una vasta area militarizzata, paesaggio da zona di guerra, profonda militarizzazione. Ora non ci fanno avvicinare - ai migranti. I migranti - viaggiatori eroici - vengono isolati in recinti, rinchiusi, bloccati al gelo, poi condotti come bestie in corridoi di reti, reticolati, sorvegliati da esercito e polizia, da mitra, camionette, agenti su piantane si elevano sulla no man’s land - sagome nere a gambe larghe e arma imbracciata di traverso svettano su una folla indistinta confusa tra fumi di plastica bruciata contro il freddo.

Si chiama no man’s land - terra di nessuno. Nessuno per portare aiuto. Nessuno puo’ entrare, distribuire acqua o cibo o coperte. Nessuno prestare soccorso. Terra di nessuno, ma qualcuno c’e’ - e molta molta gente infatti - a tenerci i migranti rinchiusi, a impedirci di entrare. Cosi’ tanti mitra intorno a questa terra di nessuno, che dunque e’ di qualcuno. Questa e’ la terra di Europa, terreno emblematico delle politiche europee, confine estremo al confine tra due confini che non dovrebbero piu’ esistere, tra Austria e Slovenia. Confino atroce nel cuore dell’Europa per chi la sognava e poi finalmente la ha raggiunta…eccola. Atroce nel cuore.

Poco distante il campo attrezzato, che ovviamente non basta per tutti. Infatti per pochi per volta. Anche quello e’ organizzato in stile militare e ci si attiene alla burocrazia del soccorso. Polizia e Croce Rossa decidono se e chi entra e chi bloccare. Il camion da Ljubljana carico di aiuti viene bloccato da una volante e non puo’ raggiungere i migranti al freddo. L’aiuto e’ indispensabile ma viene respinto dalle autorita’. Qui magazzini pieni di coperte e poco distante gente congelata da otto ore notturne di attesa - ma quelle coperte non possono essere portate fuori dal campo. Qui magazzini di abiti e li’ gente che ha freddo, qui cibo e acqua e li’ persone che hanno fame e sete - ma non si puo’ fare quello che e’ necessario. Qui ambulanze e la’ gente che sta male e che non viene soccorsa.

Riusciamo a entrare nel campo vestiti da volontari e consegniamo il materiale raccolto. Ora si deve riuscire a ingannare o aggirare le autorita’ - la polizia e la Croce Rossa che detiene il monopolio degli aiuti, lobby mafiosa dell’assistenza inefficace. Altrimenti - per aiutare ci si deve registrare, devi cambiare il tuo aspetto dando chiari segni esteriori - nell’abbigliamento e nelle modalita’ - che accetti una parte nell’assurdo meccanismo che le direttive governative hanno creato, che accetti d’inquadrarti in quelle regole e procedure dissennate. 

E’ S. che ci fa' entrare e poi restare ad a organizzare il materiale. S. e’ un volontario indipendente arrivato dal mattino e registrato con pass, si muove nel campo come uno che lo conosce bene - poi capisco che sta facendo tutto quello che e’ naturale fare, cioe’: tutto quello che non e’ permesso fare. Grande. Prende medicine e cibo dal magazzino del campo e li porta nella no man’s land. Fa’ avanti e indietro e distribuisce coperte e acqua. A mezzanotte mi porta a vedere - per aiutarlo dice - ma infatti per fotografare, per vedere l’inimmaginabile, per assistere alla sua discussione con il responsabile della Croce Rossa austriaca che di nuovo ha abbandonato una donna che stava male per ancora un’altra omissione di soccorso (e qualcuno la prendeva anche in giro), per farmi sentire cosa dicono i soldati… che non si puo’ entrare ad aiutare - perche’? ma perche’ quella e’ la no man’s land!

Scenario post nucleare. L’aria opaca e irrespirabile, odore chimico e greve, residui di materiali bruciati dappertutto. Io non posso descriverla.

E intorno - luci di sirene, vuoto, la gente non passa piu’ nelle strade deserte dove ci aggiriamo solo noi - attivisti vestiti da volontari - e militari di vario tipo. Sulla ferrovia oltre la strada le ruspe scavano per installare altre reti metalliche lungo i binari, trasformati in un altro corridoio con un’apertura per una stazione speciale davanti all’ingresso del campo. Opere pubbliche in corso, si ridisegna un’urbanistica da deportazioni efficaci. Il paesaggio e’ un pianto, pianto di un non-luogo di non-amore di non-uguaglianza di non-diritti - di niente. Freddo.

E io passo i miei due sacchi a pelo offerti da un’amica di Cesena oltre la rete. E li consegno ai viaggiatori. 

                                 
Nhandan Chirco 
FACK / Et l’Europe alors
3 nov 2015





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